È entrato con forza nel linguaggio economico, politico e culturale dei nostri giorni il termine “flessibilità”, che, per le aziende, vuol dire possedere una cultura d’impresa che le renda capaci di adattare la propria struttura organizzativa, rispondendo tempestivamente e in maniera adeguata ai rapidi cambiamenti del mercato. Ho sperimentato, in particolare negli ultimi anni, una soluzione di grande successo che le piccole e medie imprese del territorio stanno sfruttando sempre di più, per la scarsità di competenze adeguate: “il manager a tempo frazionato”.
Con la sempre più diffusa difficoltà a reperire personale qualificato nel mercato del lavoro, si inserisce una nuova figura professionale, un professionista che l’azienda può utilizzare solo nel momento in cui ne ha bisogno, contenendo al minimo i costi gestionali e massimizzando l’efficacia delle decisioni.
Nei momenti di emergenza, in cui si richiedono sempre soluzioni tempestive, è opportuno garantire la messa in sicurezza dei lavoratori, la revisione dell’organizzazione del lavoro, favorendo la valorizzazione dei talenti, con una formazione avanzata e l’adozione di politiche attive; è più che mai opportuno affrontare per tempo il passaggio generazionale, accelerando le esperienze dirette dei “giovani di famiglia” e dei responsabili in azienda, con la formazione alla leadership o al controllo direzionale della gestione.
È essenziale colmare le lacune culturali accompagnando la nuova “forza lavoro” al cambiamento, istituendo corsi di formazione specifici, eventualmente con attività di coaching.
Oggi un “Fractional Manager” può costituire una figura determinante per la PMI che vuole “tenere il passo coi tempi“ ed affrontare le difficolta del mercato in vari ambiti (finance, human resources, ITC e digital, export); può rappresentare inoltre un collante tra la struttura dei professionisti tradizionali dell’impresa (fiscalista, avvocato, consulente del lavoro) e l’assetto proprietario, giustamente più concentrato nell’innovazione ed nella crescita dell’impresa.
Un Fractional Manager viene chiamato per accrescere la cultura del management esistente e per garantire la continuità all’interno dell’organizzazione.
Le criticità e difficolta aziendali che fanno del “manager a tempo frazionato” una risorsa essenziale sono:
VOLATILITÀ – Lo sviluppo aziendale richiede una reazione tempestiva ai cambiamenti imprevedibili;
INCERTEZZA – Lo sviluppo aziendale richiede azione senza incertezze;
COMPLESSITÀ – lo sviluppo aziendale richiede dinamicità e molte interconnessioni tra gli ambiti aziendali;
AMBIGUITÀ – Lo sviluppo aziendale resta uno sconosciuto se non è calato nelle esperienze vive dei piccoli imprenditori
Perché non ricorrere, quindi, alla soluzione del “manager a tempo frazionato” per assicurare la continuità e il consolidamento del patrimonio aziendale nell’ambito della famiglia?
Occuparsi di finanza non significa solo supportare le imprese nella gestione dei rapporti bancari, ma significa adeguare l’organizzazione ai moderni canoni di equilibrio aziendale: è determinante associare la finanza al controllo di gestione, l’analisi dinamica e condivisa dei dati alla razionalizzazione dei costi. Ecco perché spesso l’esperto professionista di finanza aziendale deve avere competenze di controllo di gestione e di analisi dei costi oltre a conoscere le moderne tecnologie informatiche.
Per scongiurare uno stato di crisi ed essere sempre pronti ad una rapida ripartenza, si impone, sotto il profilo finanziario, una capacità di redazione e gestione di piani di tesoreria e di emergenza a dodici mesi, con il relativo monitoraggio e coordinamento delle persone responsabili preposte. L’apprendimento di metodologie adottate dalle medie e grandi imprese possono favorire la crescita rapida della piccola impresa, perché è insito nella maggiore dimensione aziendale un meccanismo delle decisioni che facilita la tempestività nella loro esecuzione e ne consente l’efficacia. Spesso nelle PMI non sono gestite inoltre le analisi delle marginalità per tipo prodotto o servizio venduto, per canale commerciale, per cliente, per commessa, per mercato…
Saper redigere dei piani finanziari costringe l’imprenditore a delle scelte decisive. Per saper gestire i flussi di cassa occorre saper monitorare quindi le marginalità del reddito, sapendo affiancare all’analisi dei flussi l’analisi per indici. L’attenzione va posta in definitiva sulla capacità dell’impresa di generare flussi positivi.
Nell’analisi e monitoraggio della tesoreria è inoltre sempre più urgente efficientare il sistema tecnologico informatico delle aziende e cercare di razionalizzare le informazioni, rendendole interattive, sapendo condividere in rete tra collaboratori interni ed esterni all’impresa, diventare proattivi (pronti, in modo da favorire le decisioni tempestive dell’imprenditore): è essenziale imparare ad utilizzare autonomamente i dati aziendali senza dipendere dall’esterno, adottare sistemi dinamici di analisi dei dati, anche non aziendali.
Nell’ambito di un adeguato rapporto con gli istituti di credito risulta necessario che l’impresa sia in grado di procedere alla riclassificazione dei propri bilanci, di predisporre documenti contabili infrannuali e prospettici, il tutto commisurato alla natura e le dimensioni dell’impresa stessa. Di fondamentale importanza diventa la redazione del budget di cassa e/o del rendiconto finanziario, anche nei casi in cui quest’ultimo non risulti obbligatorio a norma del codice civile.
Nel dialogo con gli intermediari risulta rilevante porre l’attenzione ai seguenti indicatori ed aspetti minimi:
Le rilevazioni, anche nella piccola e media impresa, di una serie di indicatori, consente di ampliare gradualmente le informative, il tutto a beneficio di un ottimo rapporto con gli Enti finanziatori.
La valutazione del proprio merito creditizio (rating) consente alle imprese di procedere all’autoanalisi, al fine di giungere preparate al dialogo con gli Istituti di Credito.
Anche in questi specifici casi la presenza in azienda di “un manager a tempo frazionato” può apportare, con gradualità, nuove competenze e conoscenze.
Da diverso tempo i temi legati alla “sostenibilità” e all’ “etica” toccano da vicino l’impresa, anche di minori dimensioni. Il corretto sviluppo aziendale, in relazione con l’ambiente che ci circonda e nel rispetto delle generazioni future, spinge l’imprenditore più attento e sensibile a far rientrare tali principi nelle sue politiche aziendali.
L’ampliamento della platea dei “portatori d’interesse” (stakeholders) induce l’imprenditore ad adeguarsi ai principi di “sostenibilità”, già delineati dagli obiettivi dall’agenda ONU 2030, cioè “ soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura” . Normalmente tali principi si possono riassumere nell’acronimo E S G, meglio specificato nel seguente dettaglio:
Enviromental Impact
Social Responsability
Governance and Ethic
Anche il piccolo imprenditore avrà la necessità di adeguarsi a tali principi etici, sino a far diventare tali regole norme interne aziendali. Oltre al monitoraggio dei “rating di sostenibilità” rientranti nell’approccio olistico legato ai principi ambientali (impatto sulle risorse naturali), sociali (impatto sull’uguaglianza e parità, salute e prosperità delle persone) e di governance (regole di buon governo e loro impatto sulla comunità e il territorio), sarà necessario attestare tale impegno. In tal modo l’impresa si renderà affidabile e trasparente verso i “portatori di interesse” (stakeholders) e la filiera di appartenenza (supply chain).
Perché un’impresa dovrebbe intraprendere quindi tale percorso?
SVILUPPO E RESILIENZA – L’adozione di tali principi stimola l’innovazione e intercetta opportunità, trattiene i talenti sviluppando un business resiliente (positivamente reattivo contro le avversità);
FINANZA – L’adozione di tali principi attrae investimenti, migliora la gestione dei rischi, aumenta il valore prospettico delle aziende, consentendo un approccio facilitato a finanziamenti e prestiti agevolati;
RENDICONTAZIONE – Ora solo per le società quotate ma in futuro per un maggior numero di imprese, sarà necessario prepararsi ad integrare la relazione sulla gestione dei bilanci d’esercizio con un rapporto sulla sostenibilità e con la sua eventuale asseverazione; l’informazione di sostenibilità avrà natura quantitativa e qualitativa (narrativa) e dovrà essere non solo di carattere retrospettivo (risultati raggiunti) ma anche prospettico (obiettivi forward-looking)
MERCATO E STAKEHOLDER – È indubbio il valore competitivo dell’informazione nei confronti dei “portatori di interesse”; il successo aziendale sarà commisurato alla capacità di rispondere alle aspettative sui temi ESG, rivolgendosi in particolare ai soggetti della filiera (sia a monte che a valle), al mondo bancario, agli investitori potenziali, ai consumatori finali dei prodotti o servizi dell’impresa o alle autorità e le istituzioni rappresentanti il territorio.
La Sostenibilità, in conclusione, si può ritenere, per gli Istituti di Credito, come fattore di “compliance” (aderenza) alla nuova figura civilistica dell’imprenditore e della normativa prevista dal Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, che prevede l’adozione in azienda di adeguati assetti organizzativi e amministrativi.